Orari: LUN-VEN
Contattami: 349 2607215
e-mail: info@francescorappoccio.it

Prevenzione del disagio da lavoro e mobbing

Prevenzione del disagio da lavoro e mobbing

Nel gennaio di quest’anno ho pubblicato sul blog del mio sito un articolo sul Mobbing ([To] mob: il Mobbing e i suoi “derivati” – Dott. Francesco Rappoccio – Psicologo a Roma), fenomeno molto diffuso, del quale si parla molto poco e spesso male.

L’immagine che vedete è (realmente) la Relazione conclusiva di consulenza che l’Ambulatorio di Medicina del Lavoro e Prevenzione del Disagio da Lavoro e Mobbing (Asl di __, Sistema Sanitario Regionale, rilascia al termine di un percorso diagnostico (con impegnativa del medico di famiglia e pagamento di un ticket), nel quale si incontrano vari professionisti che seguono la persona attraverso un primo colloquio di accoglienza, la somministrazione di questionari e colloqui specialistici fino alla fase finale nella quale si riunisce una commissione di valutazione (composta dal responsabile del Centro e dagli operatori e specialisti che hanno seguito il caso), per redigere la relazione di sintesi.

Le informazioni in merito a quello che è un vero Protocollo sono pochissime e, nella maggior parte dei casi, le persone preferiscono “lasciare perdere” perché troppo complicato reperire informazioni, tanto timore di venire “scoperti” dal datore di lavoro ecc.

Il percorso presso il Dipartimento della vostra città è molto meno articolato di quanto sembri, soprattutto una volta ottenute tutte le informazioni. Al termine di circa 4 incontri, lo staff di esperti rilascia una relazione con una diagnosi conclusiva ed il parere circa la correlazione e la compatibilità della patologia (se esistente) con quanto da voi riferito e dimostrato nel vostro ambiente di lavoro. Con questa relazione è possibile rivolgersi ad un legale, qualora si decidesse di avviare un contenzioso con l’azienda, oppure rivolgersi alle numerose associazioni che operano a favore del benessere negli ambienti di lavoro e che sostengono le vittime di demansionamenti, azioni vessatorie e tutte quelle situazioni che hanno provocato malessere fisico e/o psicologico nella persona.

Prendetevi sempre cura di voi, non sottovalutate il vostro malessere, non fatene merce di scambio (pensando di dover scegliere tra lo stare senza lavoro e lo stare male lavorando), rivolgetevi ad uno specialista che possa darvi tutte le informazioni utili per iniziare un percorso personale e professionale (in molti casi le aziende “rivedono” posizioni, mansioni e ruoli).

Per concludere, dal sito Che cos’è il mobbing? | Sapere.it , una buona sintesi di cos’è il mobbing e quali sono le caratteristiche per definirlo tale.
“Quando una persona è ripetutamente vessata psicologicamente sul posto di lavoro si può parlare genericamente di mobbing: è infatti l’abitudinarietà il concetto cardine del mobbing. In presenza di una “giornata no”, di un’umiliazione saltuaria o di una singola azione poco gradevole, un lavoratore non deve quindi considerarsi “mobbizzato”. E’ solo sul lungo periodo che si può parlare di mobbing: se un lavoratore si sente costantemente aggredito psicologicamente attraverso una strategia comportamentale di cui si intravede uno schema ciclico, allora è possibile essere in presenza di mobbing e prendere provvedimenti, soprattutto dal punto di vista legale.
Il mobbing, infatti, è invalidante: la persona “mobbizzata” non di rado sperimenta stati depressivi e ansiosi con una sintomatologia che può riflettersi anche sullo stato fisico e non solo psicologico.
Non è affatto facile (ma non impossibile) dimostrare o meno la presenza di mobbing sul luogo di lavoro…Tuttavia oggi si può far riferimento alle linee guide elencate dalla Corte di cassazione con la sentenza n.10037/2015: si tratta di una serie di punti molto precisi con i quali la presunta vittima può dimostrare di essere vittima di mobbing a patto che:
1. Le cosiddette vessazioni devono necessariamente avvenire sul luogo di lavoro e non al di fuori di esso;
2. Il fenomeno deve essere ripetuto nel tempo e mai riferirsi a singole e sporadiche vessazioni;
3. I contrasti devono essere vari, ovvero le azioni ostili con le quali si configura il mobbing devono essere almeno due di quelle elencante nel prossimo punto;
4. Le azioni ostili devono essere di varia natura: repentini cambiamenti della mansione lavorativa, minacce, violenze o attacchi alla reputazione del soggetto, isolamento continuato e attacchi alla possibilità di comunicare;
5. Deve essere presente un dislivello tra i cosiddetti “antagonisti”: il lavoratore “mobbizzato” si trova in una posizione di evidente inferiorità;
6. L’intera vicenda avviene attraverso fasi, successive l’una all’altra: dal conflitto mirato si passa al mobbing vero e proprio, che si manifesta attraverso sintomi psicosomatici, errori e abusi, l’aggravamento dello stato generale della salute del soggetto e l’esclusione dal mondo lavorativo;
7. E’ fondamentale che sia presente un intento persecutorio, uno schema e un disegno premeditato a monte il cui fine sia, per l’appunto perseguitare e tormentare il lavoratore.

Per altre informazioni non esitate a contattarmi
FR

Condividi!