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Kidnapping, immagine e reputazione digitale

Kidnapping, immagine e reputazione digitale

La Pandemia non ha aiutato……

Ritrovarsi giornate intere in casa con figli e compagni che fino a qualche anno fa “incontravamo” solo nel tardo pomeriggio, organizzare attività di cui non sappiamo neanche pronunciare il nome, “riempire” con frasi di ogni tipo quei silenzi che prima si giustificavano con stanchezza e mancanza di tempo.

Ed eccoci tutti a Fare, Fare e Fare qualsiasi Cosa possa occupare il tempo nostro e dei piccoli, possibilmente testimoniandolo a parenti, amici o a perfetti sconosciuti, per dimostrare che “noi ci stiamo riuscendo benissimo a vivere cosi”, “noi siamo una famiglia multitasking”, “prepariamo il pane ed il dolci durante una Call con il lavoro, organizziamo giochi e puliamo casa, insegniamo a seguire la DAD e diciamo cosa è giusto o no agli insegnanti dei nostri figli”.

Tutto questo filmandolo, fotografandolo, condividendolo, spesso in modo ingenuo e senza pensarci troppo. Legalmente, “i figli sono i miei, io so cosa è giusto per loro, come e quando esporli e ognuno fa quello che vuole con la propria immagine”….

Questa mia premessa, un po’ provocatoria e a tratti polemica, nasce dalla visione di un lungometraggio del 2020 Cuties (Mignonnes), diretto da Maïmouna Doucouré e trasmesso su Netflix. Il film vuole denunciare “l’assenza per i bambini di un’educazione che mette in discussione media “sessualizzati” e cultura dell’oggettificazione” (Huffington Post). In questo film alcuni dei genitori sono assenti (non pervenuti) o presi da impegni lavorativi e credenze culturali; nella realtà non cambia molto o i Grandi sono responsabili di quella che definisco dimensione “spettacolo casalingo.

Sono milioni le persone che caricano video nei quali, molto spesso, i protagonisti sono bambini anche piccolissimi. I video sono quasi sempre “divertenti”, karaoke in versione moderna o siparietti con musica neomelodica.
Qualche giorno fa ho letto poi un articolo sul digital kidnapping, che ri-propongo. Fa molto riflettere e si aggiunge alle tante pubblicazioni sul tema relativo all’identità digitale, alle misure cautelative da tenere presenti quando si condividono foto e video online, soprattutto di minori ma soprattutto educare ed educarsi alla cura dell’identità digitale e alla sicurezza online.

“La tutela dei minori ed in particolar modo dei bambini assume dei contorni ancora più delicati quando si tratta di utilizzo (inconsapevole) della rete. Accanto ai ben noti fenomeni di cyberbullismo, si annoverano fenomeni dalle implicazioni in parte ancora oggi sconosciute, come ad esempio il digital kidnapping, ossia un vero e proprio “rapimento digitale” attraverso il quale i cybercriminali “duplicano” l’identità per le finalità più disparate utilizzando i dati e informazioni, anche dei nostri figli e della nostra famiglia, che noi stessi scegliamo di mettere online.
Il tutto parte da abitudini della cui pericolosità gli adulti spesso non si rendono conto: tra queste la condivisione compulsiva di immagini dei propri figli – dall’ecografia ai compleanni, passando per la passeggiata al parco – che ne rivelano dettagli che possono essere sfruttati da malintenzionati per i più svariati fini “

C’è un modo per proteggerci e proteggere la nostra e la loro incolumità fisica e psicologica?

“……….i rischi connessi all’utilizzo della rete vanno incontro ad una crescita esponenziale legata spesso allo sviluppo di pratiche apparentemente innocue poste in essere dai vari utenti dei social network, che sono uno dei principali veicoli di insidie legate a un utilizzo inconsapevole della rete.
Uno dei fenomeni da cui originano i problemi maggiori si chiama sharenting – contrazione di “sharing” e “parenting” – ed è quella pratica che consiste a condividere continuamente foto dei propri figli sui social.

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, un bambino di 5 anni avrebbe, oggi, in media già 1000 ritratti condivisi online. Inoltre, lo sharenting può assumere varie forme (si pensi all’ecografia condivisa sui social, o alla pratica del “kid shaming” apparsa negli Stati Uniti). Il kid shaming consiste nello scattare una foto dei propri figli mentre tengono un cartellone nelle mani con scritto sopra le sciocchezze che hanno fatto quel giorno per poi condividerle.

Quello che potrebbe sembrare un semplice divertimento può però avere conseguenze negative per il futuro di questi bambini. Tale condivisione, infatti, crea per i bambini un tatuaggio digitale indelebile del quale non potranno facilmente sbarazzarsi. Inoltre, non è priva di rischi.
In un altro studio, si notava che nel solo 2016, i genitori hanno condiviso in media 116 foto dei propri figli e che il 90% dei bambini avrebbe foto proprie sui social già dall’età di 2 anni.
Ogni foto postata online viene analizzata da vari algoritmi che sono in grado di elaborare ed acquisire da tali immagini numerosi dati personali e, sebbene le più moderne legislazioni in materia di protezione dati personali (GDPR 679/2016) sanciscano l’esistenza del diritto alla cancellazione dei dati, quando si tratta di diffusione online, da un lato molto spesso i dati ivi presenti non vengono cancellati ma solo resi invisibili, dall’altro lato la perdita del controllo sugli stessi è di fatto inevitabile, essendo impossibile rintracciare le singole ipotesi di “copia” o “download” su terminali di terze parti.

…..Le informazioni condivise dai genitori possono essere utilizzate per varie truffe e motivi fraudolenti. Così, secondo la banca internazionale Barclays, questo fenomeno sarà la causa di due terzi di tutte le frodi di identità che colpiranno i giovani entro il 2030. Tutto questo ha consentito il diffondersi di un altro fenomeno apparso negli ultimi anni: il digital kidnapping.

Cos’è il digital kidnapping?

Con digital kidnapping, letteralmente “rapimento digitale”, ci si riferisce al comportamento con il quale una persona ruba la foto di un minore online e la pubblica come se fosse la propria. Tale comportamento può riguardare non un singolo dato, ma anche un insieme di informazioni finalizzate a creare una “identità digitale alternativa” della persona stessa. Tale pratica consente ai cyber criminali di acquisire dati e fotografie di bambini, creare nuovi profili, nuove identità, per così entrare in contatto con altri minori sui social network.

Un numero sempre maggiore di persone pubblicano foto dei propri figli in diversi momenti ritenuti importanti della propria vita……. questo può dare a un cyber criminale i mezzi necessari per scoprire le informazioni personali, talvolta anche sensibili, dei bambini. Se si pensa poi alla possibilità di rintracciare il geotag, che sono i metadati geografici assegnati alle foto, si crea un contesto perfetto perché un malintenzionato possa agire. Su questa base è anche poi possibile effettuare ricerche su Facebook per scoprire quando la persona che ha condiviso le foto festeggia il compleanno dei figli e quindi aggiungere quella data di nascita al loro elenco di informazioni.

Con tutti questi dati condivisi online, viene pertanto facile a un criminale rintracciare le informazioni e mettere insieme tutti i pezzi per poter colpire.
Oltre ai rischi legati alla condivisione fuori controllo delle immagini dei propri bambini e l’uso criminale che può essere fatto di esse online, possono anche sorgere rischi concreti per la sicurezza fisica dei bambini.
Così, molte foto innocenti di minori condivise dai propri genitori finiscono per ritrovarsi su siti a carattere pedopornografico. Se si aggiunge la relativa facilità, come accennato, con la quale si possono rintracciare informazioni personali a partire da una semplice foto condivisa ingenuamente online, le persone malintenzionate non avranno nessuna difficoltà per localizzare e contattare i bambini utilizzando profili creati anonimi o creati a tale scopo.

Come proteggersi dai rischi del digital kidnapping?               

La sicurezza perfetta sulla rete come offline non esiste. Esistono però diverse misure da tenere presenti quando si pensa a condividere foto, e quindi dati personali, su un social network soprattutto quando ritraggono bambini o minori.
In primis, è fondamentale limitare l’accesso ai propri profili social e quindi alle foto che vi verranno condivise. È possibile, ad esempio, definire impostazioni più rigorose su questi profili, ad esempio limitando la visibilità dei post ai soli amici o rendendo invisibile al pubblico le foto di copertina e di profilo. Così come è molto importante limitare le possibilità di condivisione da parte dei propri amici le foto postate online.
Poi, anche definendo impostazioni privacy più rigorose, è pur sempre essenziale essere selettivi nelle immagini che vengono condivise e quindi limitare il numero di foto dei propri figli online.
Inoltre, costituisce sempre una buona pratica fare attenzione a ogni piccolo dettaglio tutte le volte in cui utilizziamo un social network. E’ infatti possibile rintracciare il luogo dove è stata presa una foto analizzandone i minimi dettagli. Ma non solo, ogni volta che si scatta una foto con uno smartphone o con una fotocamera digitale, vengono creati i dati chiamati EXIF che includono la posizione precisa o le coordinate GPS di dove è stata scattata l’immagine. È quindi possibile rimuovere le informazioni EXIF dai propri smartphone e fotocamere digitali per proteggere le informazioni sulla posizione.

…..si deve avere in mente che nulla viene veramente cancellato dal web. Pertanto, prima di postare bisogna riflettere sull’impatto e sul danno che un post potrebbe avere su un bambino in crescita. Inoltre, accertava la psicanalista Elsa Godart, “mostrare i suoi figli è dannoso nella misura in cui sono oggettivati, ci si appropria del loro futuro, della possibilità per loro di raccontare la propria storia”.
In conclusione, se è diventato parte della nostra vita oggi condividere ogni singolo momento che si ritiene importante, non devono essere trascurati i rischi della condivisione massiccia di quelli che in realtà sono dati personali, soprattutto quando riguardano i propri bambini.

Il digital kidnapping……..non solo può causare danno all’immagine e alla reputazione digitale degli stessi, ma può avere ripercussioni drammatiche sulla loro sicurezza fisica e psicologica. Ed è per questo che, sebbene sia di estrema rilevanza stabilire impostazioni privacy rigorose sui propri profili, nonchè limitare al massimo le informazioni che possono essere acquisibili dalle immagini condivise online, di altrettanto se non superiore importanza è la presa di conoscenza, degli adulti in primis, dei sempre maggiori rischi e delle minacce di cui la rete costituisce veicolo principale. Infatti nessuna impostazione o accorgimento tecnico potrà mai sostituire una cultura consapevole della protezione delle informazioni che ci riguardano, e che si riferiscono, in particolare a bambini e adolescenti.”

Educare è l’opzione per garantire l’autonomia e far maturare la responsabilità nei più giovani (ma anche la nostra!). Non possiamo auto-vietarci l’accesso al digitale, possiamo invece informarci e formare i nostri ragazzi perché lo utilizzino e sfruttino con competenza e curando la propria e l’altrui sicurezza.
Compito dei genitori e della scuola è quello di proteggere sempre i più piccoli e farli crescere come cittadini in grado di affrontare le sfide della società della conoscenza e la progressiva integrazione tra dimensione analogica e dimensione digitale.

Articolo a cura di Marco Martorana e Lucas Pinelli e pubblicato su: Digital kidnapping, minacciata la sicurezza dei bambini (e non solo) | Agenda Digitale

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