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HIV/AIDS: una lotta contro…..i pregiudizi

HIV/AIDS: una lotta contro…..i pregiudizi

Giornata Mondiale contro l’AIDS (su un treno)

Era il 1998 e Madonna pubblicava Frozen, tratto dal suo album Ray of Light. La canzone ha un successo incredibile ed il video ancora di più. In un’intervista per il New York Times Madonna ha affermato che il testo di Frozen “parla di ritorsione, di vendetta, di odio e di rimpianto”. Nel video una Madonna mistica, con le mani coperte da disegni realizzati con Hennè.

Il mio amico L., come per tutti i suoi idoli, aveva deciso di replicare trucco e parrucco, con un playback dignitoso ma pur sempre da perfezionare. Tutto questo mentre in casa non c’era nessuno e come spettatori i grossi palazzoni di Cinecittà est. Non avrebbe mai potuto immaginare che uno dei genitori sarebbe tornato a casa prima e che, da quel momento in poi, una parte dei suoi segreti non sarebbero più stati tali.
Erano trascorsi alcuni mesi da quando, sotto mia insistenza, lo avevo prima obbligato a fare il test per l’HIV e successivamente accompagnato ad una serie di incontri di sostegno per amici e parenti di ragazz* sieropositiv*. Non erano anni “semplici”, si parlava da tempo di HIV/AIDS, tutti erano spaventati ma pochi osavano capirne di più. Come L., altre persone e amici dovettero imparare velocemente protocolli medici, visite non sempre gestibili, effetti collaterali dei farmaci e l’ennesimo segreto con famiglie e con la maggior parte degli amici. Ho pensato spesso ad L., ascoltato sempre meno Madonna e “lavorato” molto su tutto quello che ancora oggi ruota intorno agli stereotipi e i pregiudizi sul tema HIV/AIDS.
Oggi è ancora tanta la disinformazione sul tema, anche e soprattutto tra i giovani.

In occasione del World AIDS Day 2019, una ricerca svolta da Skuola.net ha mostrato che:

  1. Quasi 1 ragazzo su 3 pensa che solamente chi adotta alcuni stili di vita rischia di contrarre la malattia
  2. Per circa 1 su 2 frequentare una persona sieropositiva espone al contagio
  3. Quasi 1 su 5 pensa che dal virus si possa guarire.

Queste sono solo alcune delle false credenze che da un lato aumentano la paura nei confronti dell’AIDS e dall’altro espongono a comportamenti non sicuri.
Da un articolo di Huffingtonpost.it:

“Una delle false credenze più dure da abbattere è il fatto di non accettare che il virus dell’HIV possa contagiare tutti quanti, indipendentemente dallo stile vita: solo il 68% del campione è consapevole di ciò. Mentre quasi 1 su 3 associa il rischio di contrarre la malattia a determinati comportamenti: rapporti con molti partner, tossicodipendenza e omosessualità.

Pregiudizi tipici degli anni ’80 che ancora fanno fatica a sparire, come anche lo stigma con cui vengono “bollate” le persone sieropositive:

  1. Solamente per il 54% non è pericoloso vivere a fianco di un malato di AIDS
  2. Il 46%, al contrario, crede che basti condividere con lui gli stessi spazi e interessi per esporsi al contagio
  3. Per il 14% usando le stesse posate e bicchieri
  4. Per il 9% usando lo stesso asciugamano
  5. Per il 6% è sufficiente uno starnuto o un colpo di tosse del malato
  6. Per il 3% facendo sport assieme
  7. Un ulteriore 14% addirittura ritiene che qualsiasi tipo di contatto con una persona affetta da HIV possa veicolare il virus.

Va comunque detto che, su questi aspetti come in tutta la ricerca, il tenore delle risposte dipende dall’età. Perché, più si cresce, maggiore è la preparazione dei ragazzi.

  1. I giovani adulti (19-25) sono i più informati e consapevoli
  2. Gli adolescenti (14-18) sono divisi tra chi è ben preparato e chi stenta un po’.
  3. I preadolescenti (11-13) sono i più a digiuno.
  4. Non è un caso che la cultura dell’HIV sia più diffusa tra chi è più attivo sessualmente (tra i 19-25enni il 69% dice di aver avuto rapporti completi, tra i 14-18enni ci si ferma al 28%). Quando il problema tocca da vicino ci si documenta meglio. Mentre, chi si approccia solo ora alla sessualità (come nel caso degli 11-13enni), deve necessariamente rivolgersi a canali esterni.

Peccato che, nella classifica delle fonti da cui hanno ricevuto più informazioni i nostri giovani, ai vertici ci sono quelle meno scientifiche:

  1. Internet e Scuola (che compaiono nelle preferenze del 39% del campione)
  2. La Tv (26%)
  3. Relegati all’11% medici e specialisti.

Gli stessi ragazzi, alla fine, ammettono di avere informazioni parziali sull’argomento. Solo 1 su 4 le ritiene ‘buone’, il 32% le giudica ‘appena sufficienti’, il 28% ‘scarse’, il 17% non sa nemmeno valutarne il livello. Facendo un passo indietro, proprio la scuola è il luogo in cui si potrebbe fare il lavoro più importante e costruttivo. Visto che per ora (nel 2019 ma ad oggi sempre meno!!!), tra chi ha parlato di HIV e AIDS in classe (circa la metà del campione), solo una parte – circa 6 su 10 – ha appreso dettagli che prima ignorava. Ma che, tra quelli che non hanno avuto tale possibilità, una quota simile senta l’esigenza di approfondire questa tematica a scuola, magari con un esperto. Solamente il 17% vuole continuare a non sapere.
Per fortuna, le basi su cui impostare il lavoro sono incoraggianti. La conoscenza degli aspetti medici legati ad HIV e AIDS da parte della Generazione Z è, nel complesso, abbastanza soddisfacente. Con 1 ragazzo su 2 che, in genere, si mostra preparato almeno sulle questioni principali. Ad esempio, il 46% (con il consueto picco nella fascia 19-25 anni) sa che il primo termine è la premessa del secondo, il virus che provoca la malattia. Anche se il 21% ha una convinzione errata: il 9% pensa che non ci siano differenze, il 7% che dall’HIV si possa guarire e dall’AIDS no, il 5% che quest’ultima sia il virus e l’HIV la malattia. Gli altri non si esprimono. Un quadro che si ripete in quasi tutta l’indagine.
Rispetto alla conoscenza dell’insorgenza del virus, il 49% afferma che dall’HIV non si può guarire ma che, con cure mirate, la qualità della vita può essere accettabile. Mentre 1 su 4 dimostra di non avere informazioni corrette, scegliendo opzioni estreme: il 19% pensa che si possa guarire, il 5% che si muoia in poco tempo. Il 26% non sa rispondere.

Riconoscere una persona sieropositiva?

  1. Il 39%, sostiene che non si può fare limitandosi all’aspetto fisico
  2. Per il 22% un malato di AIDS presenta tracce esterne specifiche
  3. Moltissimi (27%) quelli disorientati che non rispondono.

Un po’ più di confusione sulle modalità di trasmissione, dato che in media solo il 28% elenca tutte le possibilità (sangue, sperma e secrezioni vaginali, passaggio madre-figlio); nella fascia di età 19-25 anni si arriva al 39%. Complessivamente, però, la quota più consistente (37%) lascia fuori l’ultima opzione; il 16% aggiunge, sbagliando, la saliva e il sudore come possibili veicoli di contagio.

Molto alta, invece, la conoscenza del legame tra abitudini sessuali e rischi di contrarre la malattia: il 60% afferma, a ragione, che usando il preservativo difficilmente si corrono pericoli; appena l’11% indica falsi miti (rischia solo chi ha rapporti omosessuali od occasionali, chi non è attento all’igiene personale, chi va al letto con persone sconosciute). Il 51% (il 59% nella fascia 19-25 anni), inoltre, sa che si può contrarre l’HIV anche praticando sesso orale, se non ci protegge a sufficienza. Il 73% (l’84% tra i 19-25enni) che basti un solo rapporto per contagiarsi (ma tra gli 11-13enni il campione è spaccato in due).

Minore la dimestichezza con lo screening e la prevenzione. Solo 1 su 2, sa che il virus dell’HIV è diagnosticabile solo attraverso un test specifico; il 32% pensa che sia rintracciabile dalle analisi di routine; il 18% che basti un’attenta visita medica. Stesse proporzioni se si chiede ai ragazzi quando è consigliabile effettuare il test: per il 50% va fatto ogni volta che si ha un rapporto a rischio, ma il 44% lo limiterebbe solo quando si hanno rapporti con persone di cui non si conoscono le abitudini sessuali. In pochissimi (23%) sanno che il test è gratuito presso le strutture pubbliche; il 15% crede che sia sempre gratuito, l’11% che sia sempre a pagamento (e assai costoso). Su questo tema, inoltre, lo scarto tra fasce d’età è ancora più netto. Ma le giustificazioni per i più piccoli sono almeno due: la scarsa (o assente) pratica sessuale e il fatto che, per effettuare il test, i minori devono essere accompagnati dai genitori.

L’HIV fa ancora paura….. Basti pensare che molti, dovendo associare una parola al termine HIV/AIDS indicano – subito dopo “malattia”, “virus”, “sesso” – proprio il sostantivo “paura”, qualcuno addirittura “morte”………

Questo è il frutto soprattutto di un’informazione superficiale e dell’assenza di confronto con chi può dare loro le giuste coordinate………è fondamentale superare alcuni luoghi comuni, stereotipi e pregiudizi ormai radicati nell’immaginario collettivo, nonostante la scienza li abbia smentiti definitivamente”.
Informatevi, confrontatevi, non abbiate paura.

Telefono Verde AIDS e Infezioni Sessualmente Trasmesse: 800.861.061

Il Telefono Verde AIDS e Infezioni Sessualmente Trasmesse (TV AIDS e IST) 800.861.061 è un Servizio nazionale di counselling telefonico, anonimo e gratuito. Per tutte le info: AIDS (issalute.it)

Le persone sorde, per avere informazioni sulle IST, possono utilizzare l’indirizzo e-mail tvalis@iss.it a loro dedicato.

“You only see what your eyes want to see, how can life be what you want it to be, you’re frozen, when your heart’s not open”. Frozen, Madonna

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