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Gli amori in-sani

Gli amori in-sani

E’ il 2012 quando la psicologa e psicoterapeuta Anna Zanon pubblica sul sito italiasalute.it un articolo sui cosiddetti “amori patologici”, “documento” sempre attuale e sul quale fare parecchie riflessioni. Mai avremmo potuto immaginare cosa sarebbe accaduto anni dopo, cosa sarebbe stato delle nostre vite e delle relazioni tra persone. L’articolo parla di come riconoscere i cosiddetti Amori malati, riconoscerli per poterli, quando è possibile, superare. Dopo circa 10 anni da questo articolo (e da moltissimi altri) i rapporti non sono migliorati e gli ultimi dati relativi alle innumerevoli richieste di usufruire dei servizi psicologici individuali e di coppia (pubblici/privati) sono nettamente aumentati.

“Gli amori da Mulino Bianco, lo sappiamo bene, esistono solo nei film, nella vita reale anche il rapporto più promettente e riuscito deve confrontarsi prima o poi con crisi, conflitti e comprensioni. Come capire allora se le difficoltà che si sta vivendo con il proprio partner fanno parte delle normali problematiche di coppia oppure sono il segnale che stiamo vivendo un rapporto dannoso per il nostro benessere psicologico?
La risposta è che gli amori patologici hanno delle caratteristiche ben precise che li differenziano dagli amori più “sani”.
L’amore, quello sano, ha una funzione riparativa e terapeutica: chi vive un rapporto di coppia appagante si sente più sereno e sicuro di sé, ha più energia, lavora meglio.
Al contrario un rapporto patologico influisce pesantemente sul benessere psicologico e sull’autostima: chi vive un amore malato sta male, diventa insicuro e depresso e, spesso, si concentra ossessivamente sul rapporto a scapito del lavoro e della vita quotidiana.
Ma sebbene il rapporto provochi più sofferenza che gioia, chi ne è coinvolto non riesce (e spesso non vuole) a rinunciare a quello che considera un grande amore.
Anzi, più il partner si dimostra distaccato e indifferente (se non in molti casi maltrattante), più ci si innamora e si raddoppiano gli sforzi per conquistarlo, negando la sua evidente mancanza di coinvolgimento e giustificando plateali mancanze di rispetto. Altra caratteristica del rapporto patologico è che è un rapporto vissuto più nella fantasia che nella realtà ……la relazione non è valutata per quello che dà effettivamente ma per quello che potrebbe dare se si verificassero certe condizioni (per esempio se lui lasciasse il compagno, la moglie, superasse la fobia dell’impegno, guarisse da quel disturbo di cui soffre da tempo ecc).
I momenti felici sono pochi, si vive nell’attesa che qualcosa succeda e che il partner cambi: spesso chi è coinvolto in una relazione patologica è più attratto dal potenziale del partner che dalla persona reale che ha davanti. Raramente il partner viene visto per quello che è, a volte viene messo su un piedistallo e idealizzato, più spesso si sta con lui, sperando di cambiarlo grazie all’amore incondizionato. Un’altra componente dei rapporti patologici è l’ambivalenza affettiva. L’ambivalenza (ovvero la coesistenza di sentimenti positivi e negativi verso la stessa persona) è una caratteristica di tutte le relazioni umane ma negli amori malati l’ambivalenza è particolarmente accentuata.
Con il partner si crea spesso una relazione d’amore e odio, attrazione e repulsione, che rende ancora più difficile valutare con serenità il rapporto e prendere delle decisioni. È anche comune dipendere affettivamente dal partner e allo stesso tempo non avere un’opinione positiva di lui, non stimarlo, non fidarsi di lui. Un’altra “peculiarità” dei rapporti patologici è la rigidità dei ruoli e delle dinamiche di coppia.
Nei rapporti sani i partner hanno diversi ruoli a seconda della situazione: si è allo stesso tempo amici, complici, amanti e capaci di prendersi cura dell’altro nei momenti di crisi e di difficoltà.
Nei rapporti “felici” i componenti della coppia sanno scambiarsi i ruoli: entrambi danno e prendono a seconda delle circostanze e delle situazioni.
Nelle relazioni patologiche, invece, i ruoli sono pochi e rigidamente stabiliti: per esempio, la coppia è bloccata in una dinamica genitore/figlio: un compagno fa il bambino, l’altro riveste un ruolo genitoriale e spesso manca la sessualità. Oppure se ci sono figli ci si relaziona solo come una coppia (formata da mamma e papà, mamma e mamma, papà e papà,) e non come una coppia di persone che si amano.
Ma soprattutto i partner sono incapaci di scambiarsi i ruoli: uno dei membri della coppia evita l’intimità e si comporta in modo sfuggente e l’altro insegue, chiede vicinanza e impegno. Oppure c’è uno che impone le regole e l’altro che subisce, uno che dà e l’altro che prende, uno che tradisce e l’altro che, pur soffrendo, accetta i tradimenti.
Un aspetto particolarmente rilevante riguarda la rigidità delle dinamiche di coppia: nei rapporti sani le persone riescono a mediare tra le esigenze reciproche, a trovare delle soluzioni ai conflitti (l’amore è creativo!) mentre nei rapporti patologici avviene l’esatto contrario.
Si litiga sempre per le stesse cose, nel rapporto manca la comunicazione, l’ascolto e la comprensione reciproca che faciliterebbero la soluzione dei conflitti. Nella coppia si verificano sempre le stesse dinamiche disfunzionali: per esempio, uno dei due chiede più intimità e l’altra/o, sentendosi soffocare, scappa.
Ma più uno è sfuggente, più uno si sente abbandonato e chiede rassicurazioni, più uno chiede rassicurazioni, più uno si sente oppresso e scappa e cosi via in un circolo vizioso da cui diventa veramente difficile uscire.
Infatti, mentre i rapporti sani sono creativi ed evolvono e con il tempo tra i partner si crea un legame sempre più profondo, i rapporti patologici o stagnano o involvono.
Dopo tanti anni il rapporto malato non cresce ma rimane bloccato nello stesso punto (per esempio non si riesce a decidere di stare insieme seriamente, si alternano periodi di grande intesa a periodi di estrema freddezza) oppure il rapporto si logora lentamente fino a morire di morte naturale. In genere, come ben sanno i terapeuti di coppia, i rapporti patologici sono quasi indissolubili perchè le nevrosi dell’uno compenetrano perfettamente le nevrosi dell’altro.
Ma anche se il rapporto patologico può durare anni e anche tutta una vita, bisogna capire che il sentimento totalizzante che si prova verso il partner non è indice di un grande amore ma che si tratta di una relazione distruttiva che attiva degli aspetti problematici della nostra personalità.

Come provare a liberarsi da un amore patologico?
1) Capire che è una relazione malata
Il primo passo (che non è per nulla semplice) è ammettere con se stessi che in quel rapporto si sta male.
Spesso la persona coinvolta in una relazione distruttiva attiva dei meccanismi di difesa per soffrire meno, quindi tende a minimizzare o a giustificare le mancanze di rispetto del partner (lei/lui mi tradisce ma in fondo so che mi ama, sparisce per giorni ma so che ritorna, ecc).
È importante è iniziare a guardare la situazione in n modo obiettivo e in questo può aiutare il confrontarsi con coppie che hanno dei modelli di relazione più appaganti.
2) Rinunciare all’illusione di cambiare l’altro
Il secondo passo è quello di rinunciare all’illusione di cambiare l’altro. L’illusione di poter cambiare l’altro nasce dalla convinzione inconscia di poter avere un controllo sul comportamento del partner (per cui se lei/ lui non mi ama è perché riesco a farlo innamorare, se lei/lui mi tradisce è perché non sono abbastanza femminile/maschile, e via dicendo).
Pertanto, bisogna prendere consapevolezza che il modo in cui il partner ci tratta non dipende da quello che noi siamo, ma da dipende da quello che lui è.
Il problema non è che il partner non ama ma non ama perché non è in grado di amare.
La capacità di amare è infatti possibile solo quando si raggiunge una sufficiente maturità psicologica. Poche persone sanno che la capacità di amare è uno dei requisiti che gli psicologi utilizzano per valutare il grado di salute psicologica e che esistono delle patologie (come il narcisismo) in cui la capacità di stabilire delle relazioni affettive gratificanti è gravemente compromessa.
Quando si comprende che il comportamento del partner dipende da problematiche sue sulle quali non possiamo avere nessun controllo, diventa più facile disinvestire in una relazione che provoca solo sofferenza.
3) Ricostruire l’autostima
Il terzo punto per liberarsi da un amore patologico è cominciare a ricostruire la propria autostima, cercando altre aree di soddisfazione oltre al rapporto. Bisogna lavorare per ridurre gradualmente la propria dipendenza dal partner da tutti i punti di vista: economico, materiale, affettivo, investendo sulla propria crescita personale e coltivando amicizie, interessi, il lavoro e la spiritualità.
Se non si riesce ad uscire da soli da un amore patologico, bisogna farsi aiutare.
In questi casi può essere indicata una terapia psicologica che aiuti a comprendere quei meccanismi psicologici che ci tengono legati a una situazione distruttiva”.

Spero sinceramente che pochi si “ritroveranno” in questo articolo….

NON PERMETTETE A NESSUNO (MA SOPRATTUTTO A VOI STESSE/I) DI RENDERVI INFELICI.
Foto Silvia D’anna (@violavia) • Foto e video di Instagram

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