“Nessuno mi può giudicare…tanto meno lo psicologo”
Il tema del giudizio da parte dello psicologo è da sempre fonte di vari dibattiti anche e soprattutto all’interno della stessa comunità terapeutica e può mettere in difficoltà il paziente e influire negativamente sull’efficacia della terapia.
Anche una percezione di giudizio, pur non intenzionale, può minare il rapporto terapeutico e compromettere la fiducia, elemento fondamentale per un percorso di cambiamento.
Sentirsi giudicati da un professionista, che dovrebbe fornire supporto e comprensione, può indurre il paziente a chiudersi, a evitare temi importanti o a modificare il proprio racconto per cercare l’approvazione. Questo, a lungo termine, può limitare la profondità e la sincerità del lavoro terapeutico.
Effetti del giudizio sulla terapia e sul paziente
- Autocensura e Chiusura: Se il paziente percepisce giudizio, potrebbe iniziare a filtrare i propri pensieri, omettere dettagli rilevanti o evitare argomenti difficili. Ciò rende più difficile per lo psicologo comprendere la situazione e il vissuto completo del paziente, limitando la possibilità di interventi efficaci.
- Ansia e Senso di Inadeguatezza: La percezione di essere giudicati può portare il paziente a provare ansia, vergogna o senso di inadeguatezza. Invece di sentirsi supportato, il paziente può iniziare a vedere la terapia come un esame, temendo di essere valutato e considerato “sbagliato” per i propri pensieri o comportamenti.
- Rottura dell’Alleanza Terapeutica: L’alleanza terapeutica si basa su fiducia, rispetto e accettazione incondizionata. Un giudizio, anche implicito, può incrinare questo legame, ostacolando la relazione e riducendo il senso di sicurezza che il paziente prova durante le sedute.
- Mancanza di Autenticità nel Lavoro Terapeutico: Il paziente potrebbe sentirsi spinto a “recitare” per soddisfare le aspettative percepite del terapeuta, invece di esplorare in modo genuino i propri vissuti e difficoltà. Questo mina l’autenticità e la naturalezza del processo, limitando le opportunità di crescita personale.
Codice deontologico degli psicologi
Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani (CDPI) sancisce l’importanza dell’imparzialità e del non giudizio attraverso vari articoli, alcuni dei quali sono particolarmente rilevanti in questo contesto:
- Articolo 3: Stabilisce che lo psicologo deve rispettare la dignità e l’autonomia dei pazienti, astenendosi dal giudicare i loro comportamenti e punti di vista.
- Articolo 4: Richiede che lo psicologo mantenga un atteggiamento neutrale e non discriminatorio, indipendentemente dal contesto culturale, sociale o personale del paziente.
- Articolo 5: Impone l’obbligo di riservatezza e confidenzialità, creando uno spazio sicuro dove il paziente si senta libero di esprimersi senza paura di conseguenze o di giudizio.
- Articolo 7: Indica che lo psicologo deve astenersi dall’imporre valori o opinioni personali, rispettando l’integrità morale e le scelte di vita del paziente.
- Articolo 23: Prevede che lo psicologo si astenga da comportamenti che possano mettere a repentaglio la libertà e l’autonomia del paziente, non solo rispettandone le decisioni ma anche supportandolo nel processo di crescita e cambiamento.
Conclusione
L’imparzialità e l’assenza di giudizio sono quindi strumenti fondamentali per la pratica psicologica e per l’efficacia della terapia. Questi aspetti permettono allo psicologo di mantenere una posizione eticamente corretta, garantendo al paziente uno spazio sicuro in cui possa intraprendere un percorso di crescita personale.
La letteratura sul tema, come il lavoro di Carl Rogers sulla terapia centrata sul cliente, evidenzia come l’accettazione incondizionata e il non giudizio siano componenti essenziali per una relazione terapeutica efficace.